Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà – sia essa personale, relazionale o professionale – la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare una strategia che ci appare funzionale. Se la strategia scelta funziona, la difficoltà si risolve in breve tempo. Capita però talvolta, che la nostra strategia non funzioni come ci saremmo aspettati e che questo ci porti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi in quella direzione, dal momento che la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o la unica possibile. Ma più applichiamo questa strategia più la difficoltà iniziale sembra non solo non risolversi, ma addirittura complicarsi, trasformandosi in un vero e proprio problema strutturato. In questi casi sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata, ovvero: le “tentate soluzioni” messe in atto dal soggetto e dalle persone a lui vicine per cercare di risolvere il problema finiscono per alimentarlo e determinarne così la sua persistenza. Questi tentativi di soluzione sono spesso riconosciuti dalla persona stessa come non funzionali, ma nonostante questo ella non riesce a fare altrimenti, sviluppando così una radicata sfiducia nella possibilità di un cambiamento della propria situazione problematica. Per questo motivo, il terapeuta strategico si focalizza fin dal principio della terapia sul rompere questo circuito vizioso che si è venuto a stabilire tra le tentate soluzioni e la persistenza del problema, lavorando sul presente piuttosto che sul passato, su “come funziona” il problema, piuttosto che sul “perché esiste”, sulla ricerca delle “soluzioni” piuttosto che delle “cause”. Scopo ultimo dell’intervento terapeutico diviene così lo spostamento del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria rigida e disfunzionale (che si esprimeva nelle “tentate soluzioni”) ad una prospettiva più elastica e funzionale, con maggiori possibilità di scelta. In questo modo la persona acquisisce la capacità di fronteggiare i problemi senza rigidità e stereotipia, sviluppando un ventaglio di diverse possibili strategie risolutive.
… a chi si rivolge?
Dal 1989 ad oggi su un campione di oltre 3500 pazienti trattati, la Terapia breve Strategica ha ottenuto una percentuale dei casi risolti, tra l’86% e il 95%, per le varie forme di patologie psicologiche, con una durata della terapia inferiore alle 20 sedute.
La terapia strategica breve si rivolge a chi presenta i seguenti disturbi:
– Disturbi d’ansia: disturbo da attacchi di panico con e senza agorafobia; disturbo d’ansia generalizzato; fobia sociale; disturbo post-traumatico da stress; fobie specifiche.ossessioni; compulsioni; disturbi somatoformi (ipocondria, dismorfofobia, ecc..).
– Disordini alimentari: Anoressia; Bulimia; vomiting; Binge Eating.
– Disturbi sessuali: difficoltà di erezione; eiaculazione precoce; vaginismo e dispareunia; disturbi del desiderio.
– Depressione: primaria e secondaria.
– Lutto. Accettare il lutto della perdita, supporto, superamento del lutto.
– Disturbo post-traumatico da stress.
– Problemi relazionali nei diversi contesti: coppia, famiglia; lavoro, sociale.
– Problemi dell’infanzia e dell’adolescenza: disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività; disturbo oppositivo-provocatorio; mutismo selettivo; disturbo da evitamento; ansia da prestazione; fobia scolare; disturbo da isolamento.