L’approccio della terapia breve strategica ai problemi dell’infanzia non prevede di lavorare direttamente sui bambini, ma di collaborare con i genitori e/o con gli insegnanti almeno fino all’età di quattordici-quindici anni.
Questo per varie ragioni: i genitori sono le persone che trascorrono più tempo con i loro figli e se ben guidati all’utilizzo di tecniche e strategie sono i loro migliori terapeuti.
Inoltre andare dallo psicologo per un bambino o un ragazzino può essere controproducente, rischiando essere stigmatizzato come “malato”. Causare un danno alla percezione di sé del bambino è ben più grave di una difficoltà psicologica che abbia da risolvere.
Le problematiche infantili sono molte e ricalcano in larga parte quelle degli adulti: disturbi d’ansia, ansia da prestazione, fobia scolare, mutismo elettivo o selettivo, disturbo ossessivo-compulsivo, disordini alimentari, disturbo oppositivo-provocatorio e disturbo da isolamento.
La psicoterapia ha inizio con l’instaurarsi dell’alleanza terapeutica tra genitori e terapeuta che insieme studiano e analizzano la situazione e il problema per capirne secondo l’ottica strategica il funzionamento e come si mantiene nel tempo, dando ai genitori le strategie e le tecniche per intervenire sul problema nel modo più funzionale al cambiamento.
L’intervento è breve, mirato e focale. I bambini sono più plasmabili rispetto ad una struttura mentale già organizzata come può essere quella di un adulto. Per questo motivo intervenire tempestivamente nell’infanzia può evitare problematiche più grandi nel futuro.